Un’epidemia di cui si parla troppo poco in questo momento.
A seguito del lockdown i pazienti con disturbi alimentari sono aumentati significativamente.
Si stima infatti che, durante l’emergenza sanitaria e il conseguente isolamento, i DCA (disturbi del comportamento alimentare – anoressia e bulimia nervosa e binge eating) e il relativo tasso di mortalità, siano aumentati almeno del 30%. Essi possono essere causati e/o peggiorati dal trauma del trovarsi soli, senza amici, in situazione di angoscia e paura, e da un equilibrio familiare turbato dalle tensioni dovute al lockdown.
I DCA coinvolgono maggiormente i ragazzi dagli 11 ai 25 anni, che utilizzano il cibo come mezzo per esprimere il proprio disagio, eliminandolo o abusandone.
Nei regimi restrittivi, la sensazione di forza e successo che fornisce il riuscire a controllare la quantità e la qualità del cibo che entra nel corpo, diventa uno strumento per superare le angosce del mondo esterno.
Nel paziente bulimico, invece, la chiusura in un ambiente in cui il cibo della dispensa è sempre a portata di mano, porta ad abusare di quest’ultimo come consolazione ed evasione.
Fermiamoci! Osserviamo i nostri ragazzi! Cerchiamo di ascoltarli e di pranzare a tavola con loro, in modo da verificare il corretto rapporto con il cibo. Nella mia esperienza, anche (e soprattutto) i giovani meno “sospettabili” agli occhi dei genitori, sviluppano queste problematiche.
Se pensate che si stia innescando un disturbo del comportamento alimentare, non perdete tempo, intervenite con tempestività rivolgendovi a specialisti competenti (psichiatri, psicologi, nutrizionisti, dietologi, consultori), per evitare la cronicizzazione della problematica e i drammatici danni della malnutrizione, risolvibili, poi, solo con il ricovero.
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